mercoledì 16 gennaio 2013

La biblioteca del viceré

C'era una volta, in un paese lontano, una biblioteca che funzionava a meraviglia e aveva fama di essere il gioiello del regno.
Ogni dettaglio era stato pensato per mettere tutti a proprio agio e gli abitanti erano soddisfatti: gli studenti avevano lo spazio dove studiare; i più piccoli avevano una sala interamente dedicata alla loro attività; chi voleva navigare in rete aveva la sua privacy; i nuovi acquisti erano posizionati vicino all'ingresso, nel punto di maggior visibilità, e i lettori dei quotidiani se ne stavano in santa pace nel seminterrato.

Un giorno il viceré, orgoglioso di avere nel proprio reame una perla tanto preziosa,  fece un sopralluogo. Annuì a lungo soddisfatto ma gli parve, alla fine, che qualcosa si poteva migliorare.
Voleva che la biblioteca recasse anche la sua, di impronta. Non era forse lui che, adesso, comandava?
Senza dire ne a né ba, diede ordine di rimuovere quella orribile scultura che i suoi antenati avevano posto sulla facciata dell'edificio, fece spostare il tavolo dei quotidiani vicino all'ingresso e gli scaffali dei nuovi acquisti alle spalle delle postazioni internet. Gli studenti guadagnarono due tavoli in più, ma...

Apriti cielo!
Si arrabbiarono i lettori dei quotidiani, che si trovarono esposti all'andirivieni e alle continue sventolate d'aria.
Si arrabbiarono i navigatori internet, che vedevano messa in pericolo la loro riservatezza.
Si arrabbiarono gli utenti, che non avevano più la possibilità di esaminare in pace gli ultimi arrivi.
Forse si arrabbiarono anche i bibliotecari per essere costretti, senza colpa, a fronteggiare lamentele sempre più insistenti.

Passò qualche settimana e, con il progredire dell'autunno, le proteste salirono al cielo, fino alle finestre del governatore.
Tanto tuonò che piovve.
Il viceré corse ai ripari: convocò un gran consulto e mandò a spostare ciò che era stato spostato.
Il tavolo dei quotidiani venne collocato nella stanza dei più piccoli e fu rimpiazzato da un divanetto rosso tutto storto che era intonato come una mosca nella minestra.

Apriti cielo!
Si arrabbiarono i piccoli, a disagio con quegli omoni barbuti e occhialuti lì a fare ombra.
Si arrabbiarono i responsabili dei laboratori per ragazzi, costretti a dover sloggiare i lettori dei giornali quando, appunto, c'era laboratorio.
Si arrabbiarono i lettori dei quotidiani, che di tornare all'asilo non avevano nessuna voglia.
Si arrabbiarono i bibliotecari, visto che il divanetto, collocato giusto vicino alle macchinette del caffè, faceva venire tanta voglia di fare salotto.
Per gli utenti internet e quelli degli ultimi acquisti non era cambiato niente, perciò continuarono ad essere arrabbiati come prima.
Le proteste risalirono al cielo, fino alle finestre del governatore, e il viceré mandò a spostare ciò che era stato spostato in quanto prima era stato spostato.
Il divanetto sparì e rimase un vuoto desolante.

Apriti cielo!
Si arrabbiarono anche quelli a cui fare salotto piaceva.
Tutti gli altri continuarono ad essere arrabbiati, perché per loro nulla era cambiato.

Il viceré non sapeva più che pesci pigliare.
Mondo ingrato! Qualsiasi cosa facesse, non ne andava bene una: c'era sempre qualcuno che si lamentava e non gli si poteva dare torto.
Come non bastasse, l'anziano bibliotecario capo, che con passione e competenza aveva fatto crescere la biblioteca facendola diventare quella che tutti ammiravano, mortificato aveva lasciato il paese per un altro reame, dove - si diceva - ognuno faceva il proprio lavoro e non quello degli altri e chi non sapeva fare niente veniva messo, appunto, a fare niente, per limitare i danni.

Il viceré, indispettito dai mugugni dei sudditi, fu triste per qualche giorno, fino a quando non vide, nel cortile del palazzo, un vecchio giramondo che suonava l'organetto per un orso che ballava caracollando incerto sulle zampe posteriori.
Era giorno di mercato e attorno ai due si era riunita una folla di curiosi, che ridevano e applaudivano a più non posso ora gli inchini del povero suonatore, ora quelli del malcapitato animale.
"Ancora, ancora!" gridavano gettando qualche monetina nel cappellaccio di feltro.

Il viceré, invaghito degli applausi e del successo, decise che l'indomani avrebbe visitato il teatro da musica. Non ci aveva mai messo piede, ma ne aveva sentito parlare gran bene.
Aveva delle belle novità in mente per farlo funzionare ancora meglio!

Mi chiedete, bambini, come andò a finire?
Beh, il viceré, in tutt'altre faccende affaccendato, in biblioteca nessuno lo vide mai più e di essa continuarono ad occuparsi i bibliotecari.
Poco tempo dopo, come per incanto, tutto tornò esattamente com'era prima: i giornali nel seminterrato, le novità vicino all'ingresso e gli attaccapanni accanto alle macchinette del caffé, perché niente era stato fatto a caso.
Il teatro da musica cominciò ad avere dei problemi, saltarono dei concerti e a poco a poco la gente andò a divertirsi altrove.
Il vecchio bibliotecario capo, nonostante il lungo viaggio cui era costretto ogni giorno, aveva iniziato a far crescere, con la stessa passione e la stessa competenza, un'altra biblioteca e poi un'altra ancora nel paese vicino.

E vissero tutti felici e contenti.